CINEMA IN SENSO STRETTO: 10 GIUGNO 2010

Per la seconda giornata del BIOGRAFILM FESTIVAL 2010, due consigli provenienti direttamente dalla Selezione Ufficiale:

Guest of Cindy Sherman” (USA/2008/88′) di Tom Donahue e Paul H-O è una biografia divertente, a tratti decisamente assurda, sulla vita di un conduttore televisivo davvero particolare, precursore dei primi video blog, quando you tube e la rete non erano ancora così entrati a far parte della nostra quotidianità. Si tratta di Paul H-O che nel 1993 scopre la passione per la videocamera e, insieme alla sua più connaturata passione artistica, si avventura nel mondo artistico neyorchese alla ricerca di talenti artistici e non, da trasmettere nel suo programma televisivo “Gallery Beat”. Le sue sembrano delle vere e proprie incursioni stile “Iene” ma solo circa vent’anni fa, il mondo dell’arte, come dicono gli stessi artisti in diverse video-interviste, era completamente al verde e non aveva ancora conquistato la sua aura elitista e snob che oggi, forse purtroppo, la caratterizza e la allontana dai “comuni mortali”. Durante queste sue incursioni, il giovane Paul H-O conoscerà l’allora già famosa Cindy Sherman, fotografa e artista di se stessa, con la quale inizierà una turbolenta storia d’amore. Quindici anni di riprese che non solo documentano la loro complicata storia d’amore, ma diventano con uno sguardo più riflessivo, testamento sul cambiamento radicale del mercato dell’arte e un coraggioso monito sul culto della celebrità. Paul H-O, a un certo punto della sua vita, si ritroverà in una situazione di disequilibrio all’interno della coppia di cui fa parte che lo porterà a riflettere sulla sua vita e a mettere in discussione alcune sue scelte personali.Notevoli, e anche esilaranti, sono i contributi ‘esterni’ di amici della coppia Paul H-O/Cindy Sherman, che provano a spiegare cosa è successo all’interno di una così collaudata, e senza fine, coppia, e i pareri di personaggi famosi – alcuni nomi, Danny de Vito e David Furnish (compagno di Elton John) – sul tema più vasto di quanto sia difficile, e a volte esasperante, l’essere non il compagno/compagna ma più che altro un “ospite”- appunto “guest”- di un personaggio famoso.

Sins of my father” (Argentina – Colombia/2009/93′) di Nicolas Entel è la biografia audace di quella che è stata la vita infantile, adolescenziale e di quella che ne resta oggi, di Sebastian Morriquin, all’anagrafe Sebastian Escobar, figlio unico del potente narcotrafficante colombiano Pablo Escobar, assassinato nel dicembre del 1993. Sebastian, che ai tempi dell’assassinio del padre aveva solo 16 anni, decide di partecipare a questo progetto affinché la storia, come dal lui stesso pronunciato nel film, possa non ripetersi. Il progetto biografico è piuttosto deciso e coraggioso perché non si tratta di un semplice percorso di analisi della vita di Pablo Escobar e, tantomeno, non vuole essere neanche una redenzione del più brutale e sanguinario Signore della droga che per oltre ventanni devastò e gettò la Colombia in un vortice di violenze e veri atti di terrorismo. In questa biografia, diretta a mio parere in modo impeccabile, Sebastian prova a riallacciare i rapporti con il proprio passato e, non solo, fa i conti cercando lui stesso di capire, comprendere e accettare i peccati, e le inevitabili conseguenze, di suo padre che è costretto a portarsi dietro solo perché nel suo sangue scorre lo stesso DNA di Pablo Escobar. Parallelamente, sullo stesso piano del ruolo di “vittima” di Sebastian, ci sono i figli orfani di due grandi politici colombiani che provarono legalmente a fermare il Signore della droga ma, da lui stesso ordinato, vennero assassinati: sono i figli di Luis Carlos Galan e Rodrigo Lara Bonilla, oggi attivisti politici colombiani. Cinque giovani uomini che si ritrovano dopo circa vent’anni intorno a un tavolo a riflettere sulla vita dei loro genitori, sulla storia passata e sul futuro del loro paese, da un lato per chiedere perdono per atti e violenze non commesse in prima persona e dall’altro lato a concedere tale perdono in nome di una causa più importante, il non ripetersi più della storia. Un documentario diretto magistralmente dall’argentino Entel, un valido esempio di come il cinema possa essere un efficace mezzo di memoria storica e informazione per le generazioni future che, molte volte, conoscono poco o, addirittura, non conoscono affatto, il proprio passato storico-politico.

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